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domenica 10 gennaio 2010

Tolleranza e schiavismo



Ecco alcuni sproloqui dei nostri politicanti...
Maurizio Gasparri. "Riteniamo importante un confronto con l'esecutivo affinché le politiche di integrazione, ma anche e soprattutto quelle di contrasto alla clandestinità, vengano attuate con determinazione. Quanto si è verificato in Calabria impone risposte immediate affinché si evitino fenomeni di sfruttamento e contestualmente nuovi ingressi di clandestini nel nostro paese".

Mariastella Gelmini. "Colpa del buonismo della sinistra [...] buonismo di una parte della sinistra che non rispetta le regole e che vorrebbe un numero di immigrati indefinito nel nostro Paese".

Roberto Maroni. "I clandestini saranno espulsi [...] La legge si applica e non si può fare diversamente [...] Situazioni frutto di tolleranza sbagliata [...] Queste situazioni le abbiamo ereditate e sono frutto di tolleranza sbagliata [...] ci sono responsabilità diffuse che non intendiamo più tollerare: interverremo nel Sud supplendo alle mancanze locali".
Miei cari (dis)onorevoli vogliamo ancora fingere di non capire? Almeno un certo tipo di clandestinità, che è poi in ultima analisi è la sola clandestinità (come quella di Rosarno e nelle altre zone agricole di Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia, ecc) serve al Paese e alla sua economia e, a rigor di logica, non deve essere considerata tale. Ecco, vorremo una legge che aderisca alla realtà di fatto. Non possiamo fare due pesi e due misture (sic). Se gli immigrati clandestini li scacciamo, l'economia va a rotoli e questo lo si sa. C'è sfruttamento tollerato verso l'immigrato clandestino, non per eccesso di buonismo, ma perché ha una sua utilità nel sistema economico, direi addirittura europeo e non solo italiano. Si tollera finché ci fa comodo; poi, quando non serve più o ci sono delle reazioni sconsiderate da parte dello schiavo di turno, che si ribella ai soprusi del padroni, lo si traghetta all'altra sponda. Tornatene da dove sei venuto! In fondo, di clandestini ex-novo, con grandi speranze (da deludere), ce ne sono fin troppi. Scacciato un clandestino se ne fa venire un altro. C'è una certa discrepanza fra la legge e la realtà della sua applicazione. Si vuole la botte piena e la moglie ubriaca. Questo giochetto della legalità applicata quando occorre, fa sì che i diritti degli immigrati clandestini vengano calpestati, essendo illegali secondo legge, ma utilissimi secondo la realtà di fatto. Si può chiudere un occhio e anche due, magari riaprendoli all'occorenza. Una bella merdata legalitaria. È una legge schiavista, o non ce ne siamo accorti? In tutto il Sud, di clandestini, usati come braccia in agricoltura, ce ne sono decine di migliaia che fanno il lavoro che nessun italiano vuole più fare. Se si volesse applicare la legge, la stessa agricoltura andrebbe allo sfacelo più totale. Non si può fare una legge e applicarla solo in casi estremi, ovvero quando fa comodo. Voi, politici del kaiser, parlate di buonismo, di tolleranza, quando in realtà si tratta di mero sfruttamento di manodopera a buon prezzo, di schiavismo appunto, si tratta del calpestamento dei più elementari diritti umani. In più, il business del traffico dei clandestini non o si bloccherà mai; non conviene, anche se poi si fa finta di prendere delle ferree misure, sempre all'occorrenza. La Gelmini con il suo savoir faire scaricabarile butta tutta la colpa sulla sinistra, come se al governo in questi ultimi 10 anni ci fosse stata soltanto la sinistra. Ha ragione qualcuno nel dire che i nostri politici da strapazzo sono fuori dalla realtà e dalla storia, invischiati come sono nella loro autoreferenzialità.

Un punto dell'economia: il punto sul 2009

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'Italia dei Valori http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/... - articolo di Sandro Trento


Autore Sandro Trento
Sandro Trento
Il 2009 è stato per l'economia italiana, e non solo, l'anno peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale. Il Prodotto interno lordo è diminuito del 5%, a novembre il tasso di disoccupazione ha raggiunto l'8,3%, il dato più alto da aprile 2004. Il tasso di occupazione è sceso al 57% e il numero di persone senza lavoro ha superato la quota dei due milioni, per la prima volta dal 2004. In un anno la disoccupazione è cresciuta del 18%, si tratta di 313 mila persone in più senza lavoro rispetto all'anno precedente. La cassa integrazione guadagni è quadruplicata nel 2009, un anno orribile per l'economia italiana.

La cosa più preoccupante è che questo anno terribile, legato alla crisi internazionale, si inserisce in realtà in un andamento molto preoccupante che l'economia italiana sperimenta da tanti anni. L'Italia si sta impoverendo
capite medio dell'Unione europea, a 27 paesi, scopriamo che nel 2001 il Pil pro capite italiano era 100,17, cioè eravamo più ricchi rispetto alla media. Nel 2006 eravamo scesi al 100,3 e nel 2008 siamo scesi al 99,5, ossia siamo più poveri rispetto alla media dei Paesi europei. Nel 2009 il Pil pro capite italiano è sceso ulteriormente al 98,8.

Stiamo diventando progressivamente più poveri rispetto al resto dell'Europa. Varie ricerche dimostrano che da oltre 20 anni siamo uno dei paesi avanzati dove più forti sono le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza, e siamo uno dei paesi nel quale è maggiormente presente la povertà. Questa diseguaglianza crescente dell'Italia tende a persistere da una generazione all'altra, facendo in modo che il destino dei figli sia in gran parte dipendente dal destino dei genitori. In altre parole, si è fermato il meccanismo della mobilità sociale: i poveri tendono a restare poveri e i ricchi tendono a restare ricchi, e la distanza tra i due è sempre più marcata.

A fronte di una crisi cosi grande come quella del 2009, la peggiore del dopoguerra, e di una situazione economica più preoccupanti in Italia, il governo Berlusconi è rimasto sostanzialmente fermo. La manovra di bilancio dello scorso anno è stata molto limitata, una delle manovre più timide tra i paesi avanzati colpiti dalla crisi economica.
Nonostante siamo stati tra i paesi in difficoltà, il governo Berlusconi non ha messo una manovra adeguata per far fronte alla crisi, e questo spiega perché va male l'occupazione, aumentano i disoccupati e c'è un insicurezza crescente tra i lavoratori e i giovani, che sono tra le categorie più colpite perché usufruiscono di minori tutele rispetto alle generazioni più anziane.

Il paradosso italiano è che nonostante la manovra di bilancio fosse molto limitata il debito pubblico italiano è cresciuto di 10 punti percentuali dal 2008 al 2009, questo perché la spesa corrente dello Stato italiano è continuata a crescere. Il governo non è stato virtuoso, non ha rinunciato a fare una manovra di sviluppo per concentrarsi sul risanamento dei conti pubblici.
Non solo la politica fiscale non è stata adeguata alla crisi che sperimentavamo, ma non è stato fatto nulla negli altri campi: non si è parlato di riforme strutturali, non si è fatto alcun intervento che consentisse all'economia italiana che consentisse all'economia italiana di affrontare la situazione post crisi in una situazione migliore.

In queste settimane si sente parlare della necessità di fare riforme, ma il nostro timore è che le riforme che interessino al governo siano quelle che interessano la persona del Capo del governo, cioè le riforme della giustizia e non quella del benessere dei cittadini.
Noi pensiamo che sarebbe stato necessario avere il coraggio di affrontare già nel 2009, nel pieno della crisi, alcune questioni fondamentali. La prima è quella della riforma degli ammortizzatori sociali, era il momento di porre mano ad un sistema che potesse tutelare tutti i lavoratori, a prescindere dall'età, dal settore di impiego e dalla dimensione dell'impresa, per poter affrontare le situazioni di mancanza di lavoro con degli ammortizzatori sociali di carattere universale. Questa era una delle emergenze da affrontare.

Un altra questione importante è quella di ragionare fin da ora sulla necessità di una riduzione della spesa pubblica corrente. Bisognava mettere in cantiere delle riforme che incidessero sulla spesa pubblica corrente e abbassare le tasse, sia sul lavoro che sulle imprese.
Come terzo elemento, che noi pensiamo sia importante, bisogna riaprire una stagione di liberalizzazioni. Tornare ad aprire i settori chiusi alla concorrenza, per permettere ai giovani che vogliono aprire un'attività senza troppi ostacoli. La concorrenza è uno dei meccanismo che può consentire all'Italia di ritornare a crescere.

Se fossimo al governo faremo almeno queste tre cose per consentire al Paese di tornare a crescere. Dubitiamo che il governo Berlusconi abbia intenzione di porre mano a questo tipo di riforme.

Video e testo sono stati prelevati dal blog dell'Italia dei Valori http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/... - articolo di Sandro Trento